Ritorno di fiamma per Crazy Diamond

La visione d'insieme del cielo nei raggi gamma osservato da AGILE qualche giorno fa. In basso a sinistra, è visibile la zona da dove proviene la potente emissione associata al buco nero supermassivo nel quasar 3C 454.3. Per confronto, sulla destra dell'immagine è indicata l'emissione della pulsar Vela. Crediti: A. Bulgarelli, AGILE Team

La visione d’insieme del cielo nei raggi gamma osservato da AGILE qualche giorno fa. In basso a sinistra, è visibile la zona da dove proviene la potente emissione associata al buco nero supermassivo nel quasar 3C 454.3. Per confronto, sulla destra è indicata l’emissione della pulsar Vela. Crediti: A. Bulgarelli, AGILE Team

Il buco nero supermassiccio al centro del quasar 3C 454.3, distante oltre 7 miliardi di anni luce da noi, torna prepotentemente a far parlare di se. Il suo flusso di radiazione gamma registrato negli ultimi giorni dai satelliti AGILE dell’Agenzia Spaziale Italiana e Fermi della NASA è infatti cresciuto negli ultimi giorni al punto di renderlo la sorgente di raggi gamma più intensa del cielo. Gli scienziati stanno seguendo l’evoluzione del fenomeno e sono riusciti a stimare l’enorme quantità di energia associata al getto di materia espulsa dal buco nero ad altissima velocità. Il Crazy Diamond, come lo hanno ribattezzato amichevolmente gli astrofisici, è ora talmente potente che sta ‘bruciando’ materia nei paraggi del buco nero ad un ritmo equivalente alla massa di diverse Terre al minuto. Un pantagruelico assorbimento di energia nel buco nero che si trasforma in un getto espulso con enorme energia cinetica che poi viene dissipata in radiazione elettromagnetica.
Come tali oggetti riescano a produrre fenomeni così energetici è uno dei problemi aperti dell’astrofisica. In questi ultimi anni, il Crazy Diamond ha mostrato molte facce di tale processo. Già rivelato nella banda gamma di energia in uno stato intermedio dall’osservatorio della NASA GRO negli anni ’90, è poi passato dalla quiete a stati estremamente alti di emissione. Recentemente, la prima rivelazione con strumenti al silicio è del satellite AGILE nel mese di luglio 2007 che poi ha continuato a monitorarlo negli anni seguenti insieme al satellite Fermi. Ambedue i satelliti per l’astrofisica delle alte energie hanno colto nel 2009 ma soprattutto nel mese di novembre 2010 un periodo di emissione gamma estremamente intensa dal Crazy Diamond arrivato a superare di ben 6-7 volte la sorgente gamma di riferimento, ovvero la pulsar Vela. In questi giorni il buco nero si è risvegliato tornando a livelli molto alti, superando la pulsar Vela, forse un preludio ad un’emissione ancora maggiore.

“Un po’ tutto il mondo lo sta guardando e ovviamente anche il satellite AGILE, ora pienamente operativo nella sua modalità spinning, che copre nel suo monitoraggio circa l’80% del cielo ogni giorno” dice Marco Tavani, dell’INAF-IAPS di Roma, responsabile scientifico di AGILE. “Sicuramente ci saranno delle sorprese. L’interpretazione teorica dell’attività registrata nel 2010 si sta rivelando estremamente interessante, dimostrando che la materia espulsa dal buco nero sotto forma di ‘grumi’ o ‘plasmoidi’ sia molto più longeva ed energetica di quanto supposto in precedenza nel suo viaggio lungo il getto. C’è ora molta attesa per quest’ultimo episodio: ricalcherà i livelli massimi raggiunti nel 2010 oppure si attesterà a valori inferiori? L’emissione sarà simile a quella considerata dai modelli teorici oppure sarà diversa ?”

Sia AGILE che Fermi continuano a seguire il famelico Crazy Diamond, insieme a molti altri osservatori, da Terra e dallo spazio, pronti a cogliere ogni dettaglio di questo eccezionale fenomeno astrofisico. “In questi ultimi anni si è fatta avanti l’idea – ha dichiarato il prof. Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana – che la chiave per comprendere il comportamento di questi straordinari “mostri” celesti sia nella cosiddetta Multi Wavelength Astronomy, la combinazione cioè di osservazioni che coprono un grandissimo intervallo di lunghezze d’onda della radiazione elettromagnetica (dalle frazioni di metro delle sorgenti radio fino ai raggi gamma le cui lunghezze d’onda sono paragonabili alle dimensioni del nucleo atomico). Ed è proprio su questo che l’ASI ha puntato, indirizzando le attività del suo centro dati ASDC e operando il satellite AGILE, che copre una larga parte di questo intervallo di lunghezze d’onda”.
“L’allerta data da AGILE sull’incremento dell’attività del quasar 3C 454.3 è un successo di tutta la comunità scientifica, che ha fortemente voluto la prosecuzione della missione AGILE per tutto il 2014 e, si spera, anche dopo”, sottolinea Aldo Morselli, ricercatore INFN che lavora sia ad AGILE che a Fermi. “AGILE è un progetto tutto italiano, e il nostro Paese si trova ora nell’invidiata posizione di partecipare ai due più importanti esperimenti per la rilevazione di raggi gamma nello spazio, che stanno entrambi dando risultati oltre le più rosee aspettative”, conclude Morselli.

In questi giorni il fenomeno è stato seguito in diretta anche dal grande pubblico grazie alla App AGILEScience (scaricabile gratuitamente dall’iTunes store). Dalla App è possibile seguire in diretta il cielo visto da AGILE aggiornato ogni 3-4 ore. Per permettere al pubblico di comprendere il fenomeno durante la sua evoluzione sono state inviate notifiche push (allarmi agli utenti della App che compaiono nella schermata di blocco del cellulare) per indicare i momenti salienti dell’evento.

Per saperne di più:

  • Il comunicato stampa congiunto INAF-ASI-INFN
  • VIDEO: il cielo gamma in coordinate galattiche come rivelato da AGILE con integrazioni di 2 giorni a partire da aprile 2014. Crediti: Andrea Bulgarelli (INAF-IASF Bologna), Team AGILE
  • VIDEO: evoluzione nel tempo del flusso di energia emesso del Buco Nero 3C 454.3, ottenuto combinando tutti i dati di archivio in varie bande di energia che sono disponibili e pubblicamente accessibili all’ASI Science Data Center (ASDC), centro multimissione dell’Agenzia Spaziale Italiana dove è basato anche il centro dati del satellite AGILE. Crediti: Paolo Giommi, ASI-ASDC.

 

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani

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