Il buco nero e la trottola stellare

Rappresentazione artistica del sistema composto dalla stella di tipo Be in rapidissima rotazione (in primo piano) il cui disco equatoriale alimenta il disco di accrescimento del buco nero compagno. Crediti:Gabriel Pérez - SMM (IAC)

Rappresentazione artistica del sistema composto dalla stella di tipo Be in rapidissima rotazione (in primo piano) il cui disco equatoriale alimenta una altro disco, quello di accrescimento del buco nero compagno. Crediti: Gabriel Pérez – SMM (IAC)

A 8.500 anni luce di distanza da noi, in direzione della costellazione della Lucertola, c’è un sistema stellare tanto bizzarro quanto elusivo. La  componente principale della ‘strana coppia’ è una stella piuttosto calda e massiccia, di taglia compresa tra le 10 e le 16 masse solari, ma soprattutto che ruota a un ritmo elevatissimo, prossimo al limite che ne provocherebbe la disintegrazione. All’equatore la velocità di rotazione supera il milione di chilometri all’ora. Questa forsennata trottola celeste non riesce a trattenere gli strati gassosi più esterni di cui è composta, che così si staccano da essa e vanno ad alimentare un disco circumstellare intorno al suo equatore. Ad accompagnare MWC 656 – questa la sigla della stella – c’è un oscuro e discreto compagno, ovvero un buco nero di taglia stellare che non emette radiazione di alta energia. A scoprire questo sistema – il primo del suo genere – è stato un team di astronomi spagnoli guidato da Jorge Casares, ricercatore dell’Instituto de Astrofisica de Canarias (IAC) e  dell’Università  La Laguna. Probabilmente la coppia non sarebbe stata scoperta se in direzione di MWC 656 non fosse stata individuata nel 2010 una sporadica emissione di raggi gamma dall’osservatorio orbitante tutto italiano AGILE (Astrorivelatore Gamma a Immagini Leggero), che attualmente sta attraversando un periodo poco felice a causa di difficoltà di budget da parte dell’Agenzia Spaziale Italiana.

“Abbiamo cominciato a studiare questa stella proprio a partire da quel segnale del 2010” spiega Marc Ribó, dell’Institut de Ciènces del Cosmos di Barcellona, coautore dell’articolo sulla scoperta pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature. “Dopo di quello non sono state più osservate emissioni gamma in quella regione di cielo, ma abbiamo scoperto che quella stella è parte di un sistema binario”.

L’analisi dettagliata del suo spettro, condotta dal team con i telescopi Liverpool e Mercator dell’Osservatorio di Roque de los Muchachos sulle Isole Canarie, ha così permesso agli scienziati di scoprire l’emissione di un altro disco, questa volta di accrescimento intorno alla compagna, permettendo quindi di scovarla, questa compagna, e determinare la sua massa, compresa fra 3,8 e 6,9 volte quella del nostro Sole. Un oggetto del genere , invisibile ai telescopi ma così massiccio può essere solo un buco nero. Anche una stella di neutroni, l’unico altro tipo di oggetto molto compatto che avrebbe potuto sfuggire alle osservazioni condotte dagli scienziati spagnoli, non può superare le tre masse solari.

Essendo il più ‘smilzo’ della coppia, è il buco nero in questo caso ad orbitare attorno alla stella e ad essere alimentato dalla materia espulsa da essa. “L’elevata velocità di rotazione delle stelle appartenenti alla classe ‘Be’ di cui fa parte MWC 656 produce il disco equatoriale di gas che le circonda” aggiunge Ignacio Negueruela , docente presso l’ Università di Alicante. “La materia che lo compone è attratta dal buco nero e cade su di esso , formando un altro disco, il ‘disco di accrescimento’ . Ed è stato proprio studiando l’emissione della radiazione prodotta dal disco di accrescimento che abbiamo potuto determinare il moto del buco nero e misurare la sua massa”.

 

“Conosciamo già un’ottantina di sistemi binari contenenti una stella di questo tipo e una stella di neutroni, ma questo è il primo in cui l’oggetto compatto è confermato essere un buco nero” commenta Tomaso Belloni dell’Osservatorio Astronomico di Brera dell’INAF. “La sua bassissima emissione in raggi X (non è mai stato rivelato con satelliti per astronomia X) indica che la penuria di oggetti di questo tipo è un effetto osservativo. Se AGILE non avesse osservato un evento in raggi gamma il sistema non sarebbe stato studiato e il buco nero non sarebbe stato individuato. L’importanza della scoperta sta nel fatto che il numero di simili sistemi stellari nella Galassia dipende dalla loro evoluzione e queste osservazioni sono il modo più diretto per capirla appieno”.

 

Per saperne di più:

l’articolo A Be-type star with a black hole companion di J. Casares et al., pubblicato sulla rivista Nature

Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Galliani

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